e di sostanza sferzante

1.La scelta di un titolo così poco in linea con gli stili normalmente riferiti al mondo delle espressioni artistiche ben rappresenta il pensiero altro e la materia di un progetto che punta a dire la sua in un panorama, quello dedicato al paesaggio e all’archeologia industriale, che prima o poi ogni fotografo decide di affrontare. Tanti e diversi sono quelli che hanno attraversato gli stessi luoghi e ognuno ha vissuto e raccontato l’esperienza a proprio modo e con diversi punti di vista: a volte fissando le macerie incontrate come reperti sopravvissuti a guerre nucleari, a volte a mò di cartolina spedita dal passato, spesso con commoventi panoramiche che rendono bene il dolore reso da così tanta distruzione. 
Laura Priami e Simone Vannelli lo fanno in altro modo, entrando in punta di piedi e con rispetto dentro luoghi che – come a volerne preservare il profondo vissuto – mai riprendono per intero e che riportano a noi puntando e schiacciando i loro obiettivi su alcune singole porzioni della scena del crimine. Destrutturano il panorama, lo scavano, ne tirano fuori piccoli pezzi e dall’insieme che ci rendono sembra nascere l’idea che da un momento all’altro le porte di collegamento con il passato si possano aprire per il ritorno in scena della vita e delle normali attività. 
Attraverso le immagini che hanno strappato all’assordante silenzio di quei luoghi è come tornare indietro nel tempo a rivivere il passaggio di consegne tra gli operai, da un turno all’altro e non suonerebbe affatto strano sentire da un minuto all’altro l’urlo di una qualche sirena. 
Questa scelta, fatta ognuno all’insaputa dell’altro, diviene la loro chiara e decisa presa di posizione nei confronti dell’enorme patrimonio di luoghi e storia lasciati cadere su se stessi ed è il motivo che ha dato il via al progetto “e di sostanza sferzante” e che da senso al suo, spero ancora per poco, misterioso titolo.   
2.
Bene, andiamo diritti al perché di questo strano titolo e, alle parole prese a prestito per il titolo da Giovanni Lindo Ferretti dei CSI, aggiungiamo quelle di Carlos Castaneda su coloro che chiama “Difetti di fabbricazione”. Lo scrittore cileno così definisce quella parte di umani che per sensibilità, coraggio, scelte di vita e pazzie varie, praticano un fare diverso da quello omologato e generalmente accettato da una data società. Laura e Simone, diversamente dai tanti che vivono, anche duramente e con pesanti conseguenze, la propria condizione di diversi nella moderna società industriale, sono difettati in modi assolutamente pacifici ed ognuno di loro vive relazioni e rapporti sociali e professionali assolutamente normali e non rari di soddisfazioni. 
È invece nella passione viscerale per il mezzo fotografico – e questa è una cosa che accomuna tutti quelli che praticano forme d’arte che la società continua ad ignorare o a declassificare come secondarie, fotografia, ceramica, incisione, mosaico, per dire solo di quelle che nel mio lungo lavoro ho deciso di trattare alla pari e con la stessa dignità delle altre – e in particolare nell’uso che ne hanno fatto andando a visitare insieme i luoghi che raccontiamo in questa storia, che emerge il loro essere diversi. Nulla di quello che loro hanno fotografato e che noi accompagniamo a parole è stato pensato e costruito a tavolino, se non, chiaramente, la decisiva scelta dei due di condividere la stessa esperienza e di andare in due al confronto con la storia. Sono entrati insieme nello stesso luogo e nello stesso tempo per poi andare, attratti chissà da quali segnali, ognuno per sentieri diversi da quelli scelti dall’altro, e riportare poi a casa i risultati di cui diremo dopo. 
3. 
Avete presente di cosa sostanza sia fatta oggi la nostra società e dei valori rappresentati da chi si è succeduto al suo governo negli ultimi decenni in un tragico passaggio di mano in mano di consegne in una specie di corsa a staffetta verso il peggio? Avete presente un mondo in cui clown, nani, ballerine, puttanieri, faccendieri di diversa natura, banchieri, grandi fratelli, e “uomini e donne”, e “c’è posta per te”, e “famosi” o quasi famosi della più insignificante specie, divengono per milioni di poveri disgraziati, idoli da imitare, modelli di vita, e nei casi peggiori pure rappresentanti del popolo e salvatori della patria? Avete presente gli interessi economici che sono dietro le quinte a manovrare i tanti burattini di un sistema che è strutturato per spremere e incassare tutto il possibile da questa tragica, e, credo, definitiva, deformazione della società italiana? 
Bene “e di sostanza sferzante” racconta di tutt’altra storia: manda al paese quel modello di mondo per dare immagini – e con quelle voce, luce, suoni e vita – al suo esatto contrario. Laura e Simone sono i rappresentanti di quelle sacche di resistenza, a volte organizzate, spesso spontanee, che non ci stanno a svendere la propria esistenza in cambio di poche lire e rispondono ai giochi da luna park proposti vivendo altri mondi e territori, quelle che io chiamo zone liberate, dove si costruiscono le risposte che meritano il proprio pensiero e i più intimi bisogni.
4.
Quindi, nelle immagini che andiamo a proporre, questa di “e di sostanza sferzante” suona, anzi a mio parere è una specie di pacifica dichiarazione di guerra ad una società impazzita. Lo è nei risultati, al di là delle stesse intenzioni, ed è secondario l’aver certezza oppure no che questa sia stata effettivamente la motivazione iniziale che ha portato i due fotografi al lavoro: anzi, oso dire che di questa mia lettura dei fatti saranno proprio loro i primi a restare sorpresi. 
Questa, quindi, è la loro e la nostra dichiarazione di guerra ad una società che, solo per ricordare una piccola parte dei suoi crimini, nella conquista del pianeta ha distrutto la natura e saccheggiato interi continenti; ha annientato intere etnie; ha mietuto milioni di vittime in guerre dichiarate e in altre non dichiarate; uccide per fame e per sete; affida il suo avvenire al potere ed agli interessi di multinazionali e grandi gruppi finanziari i cui forzieri crescono a dismisura ad ogni calamità e crisi. Una società che ancora oggi uccide per lavoro. Una società che ha cancellato dal panorama delle nostre città i luoghi non più produttivi attorno ai quali quelle città sono nate, e che invece di riconvertirli e riconsegnarli alla collettività, che ne è il legittimo e unico proprietario, li ha abbandonati e lasciati andare in malora. Una società che ha osato pensare di poter cancellare con un colpo di spugna la memoria di intere comunità. E dico di luoghi che i signori che si sono eletti padroni delle nostre vite oggi, in attesa che l’opera di distruzione sia conclusa, tengono ben chiusi, vietati all’occhio umano e non accessibili al libero pensiero. 
 
5. Allora quale titolo migliore di “e di sostanza sferzante” per raccogliere, nel dilagante mare di orrori, di vuoto, di miseria, di banalità e di miraggi proposti in questa sempre più povera Italia, alcune delle persone che scelgono di dedicare il proprio lavoro al concetto di sostanza? Senza clamori né squilli di tromba, anzi usando un semplice obiettivo, e una vista in bianconero da cui emergono pochi segni di luce che danno volume al nero più profondo in cui i potenti stanno sotterrando a forza con la storia e la memoria, anche il nostro futuro.
Laura e Simone sono una piccolissima rappresentanza dell’esercito di appassionati che fa della fotografia il luogo intimo e il terreno di prova in cui ci si spoglia dei bisogni materiali imposti dai rapporti sociali della moderna società per arrivare a fare i conti con il proprio libero pensiero. E sono una parte di quelli che per i motivi più disparati, ma di certo accumunati da grande sensibilità e coraggio, deviano dalla normalità e dalle certezze assicurate dalle superstrade offerte a basso prezzo dal moderno sistema di vita e decidono di andare per vie traverse, vie tortuose e piene di buche, con pavimenti che scricchiolano ad ogni passo, e situazioni impreviste e poco rassicuranti da affrontare. Gli ostacoli e le mete proposte da queste diverse vie nessuno le conosce, e la benzina di questi viaggi è data dalla sete di conoscenza di quelli che invece di seguire i consigli agli acquisti offerti dal capitale decidono di trovare a questo mondo il posto giusto per ogni cosa e persona, e per se stessi. Alla facile realtà, condizionata e indirizzata dalle scelte di chi fa commercio anche dell’acqua, Laura e Simone rispondono con pochi strumenti e ci offrono la prova di come sia facile dare luce al libero pensiero e, se occorre, anche inventare gli strumenti necessari a scrivere, e fotografare, nuovi e diversi panorami.
6.
La ricerca di un panorama che ad un certo punto della loro vita, Laura Priami e Simone Vannelli hanno condiviso andando insieme ad affrontare la sfida offerta da alcuni dei luoghi che la società ha deciso non fossero più necessari né funzionali alla propria mostruosa crescita. Un campo di prova quello offerto da fabbriche e luoghi pieni di storia abbandonati da decenni, che i due hanno lavorato con il pensiero in bianco nero per andare, senza le distrazioni e gli inganni offerti dal colore, al fondo e dentro una materia che sa di memoria; di umori che il tempo non ha cancellato; di tracce lasciate come se il domani fosse dietro l’angolo; di assenze che lasciano una scia di voci e di odori; di fuliggine che si fa coltre; di oggetti persi, ancor più fuori posto del posto stesso; e di quelle tracce inattese che sembrerebbero poter essere segnali e codici da decifrare lasciati lì apposta per noi. I due finiscono inevitabilmente per raccontare di un mondo che non c’è più ma hanno l’ardire e il coraggio di cercare, e credo anche trovare in modi gentili e niente affatto cervellotici, tracce di vita dentro luoghi che agli occhi dei comuni mortali parlano solo di vuoto e di abbandono.
7.
I due fotografano da tempo i luoghi delle propria terra ma è dal viaggio che affrontano assieme, in Umbria, negli stessi ambienti che nasce questo progetto. Tornati alla vita normale e, come succede a tutti i fotografi, passati alla fase di analisi e messa in ordine degli scatti fatti, si scambiano e condividono il rispettivo punto di vista scoprendo che ognuno di loro ha visto e affrontato le stesse cose e situazioni in modi e occhi diversi. 
È chiaro che sono mossi dallo stesso pensiero ed è ancora più certo che il loro rapporto con la storia industriale che ha dato vita e sostentamento alle comunità in cui sono cresciuti sia ancora materia viva e non ancora finita nei ricordi da leggere sui libri. 
Vannelli è ternano e vive le opportunità date dalla fotografia con una logica costruttiva da matematico che lo porta a vedere e costruire mentalmente la scena perfetta, con ogni suo granello al giusto posto. La Priami vive nelle Colline Metallifere dell’Alta Maremma, è decisa e ardita come Simone ma, allo stesso tempo, esattamente il suo contrario, passionale, istintiva ed emotiva fino all’eccesso. Diversi nel rapporto con il mezzo fotografico, sono invece fatti della stessa carne: uno ben conosce la storia dello sviluppo industriale di Terni e gli effetti di una crisi che sembra non vedere mai pace, l’altra ha vissuto in casa la realtà delle Acciaierie e quella delle numerose miniere che ad un prezzo di vite altissimo hanno dato la vita nella sua terra. Entrambi vivono terre ricche di storie, di sudore, di lotte, di morti, di successi e di sconfitte che non sono mai state quelle dei singoli individui ma condivise e risolte da una intera comunità. Sono figli di terre che chiedono solo di poter aggiungere nuove pagine della propria storia proteggendo e portando con sé la materia antica che le ha dato la luce.
8.
I loro occhi evocano immagini che sanno di sudore, di umori, di paure, di puzze, di fuoco, di occhi bianchi come fanali in corpi rivestiti da una coltre di nero fumo, di solidarietà e di una vita che per i nostri avi è stata dura: ai limiti, e a volte al costo, della vita stessa. Nel loro racconto fotografico nulla di tutto questo può essere rappresentato o dichiarato ed è il solo nero a fare da scenario e a presentare il conto di così tanta storia, un nero attraversato, spesso inciso, a volte accarezzato, da lampi di luce che disegnano, proteggono e fanno emergere dal buio forme che sono cose e persone.  
In questo lavoro a due, Laura e Simone sembrano riuscire nel miracolo di trovare la chiave di comunicazione che apre le porte e mette a dialogo vivo il passato – fatto di abbandono e di natura che si riprende con gli interessi quanto l’uomo le ha tolto – con il presente di chi non può e non vuole dimenticare da dove viene e di quale materia è fatto e con un futuro che, ironia della follia umana, non trova ancora la sua casa.
9.
Le visioni offerte dai loro due racconti, messe assieme, senza dire quale sia dell’uno e quale dell’altro, ne fanno uno nuovo. 
Un nuovo racconto che finisce per divenire straordinario esempio di comunicazione, confronto e condivisione tra diversi e modello di un mondo altro che si può fare. Adesso e subito.